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Al di la della Luna; Beyond the Moon; Astrophotography; Astrofotografia; Danilo Pivato
 
 
 
 
 
 
 
The Analysis of Frame
 

Simeis 147: HII (ionized) region - Supernova Remnant in Auriga-Taurus - SRN G180.0 -01.7; LBN 180.05-01.66; LBN 822; Sh2-240; GN 05.36.8.01; 82 [GS55] 77 - [field: 2,8° x 4,2°] - - - Mag. Limite Image: 18.9^ - 19.4^ (r) - Fonte: USNO A1 - Object Coordinates: RAJ2000.0 05h 41m 06.0s - Dec J2000.0 +28° 05' 00.0" [SIMBAD] - Magnitudine: --.-^ (b); --.-^ (v), --,-^ (r); ; Surface Brightness: --.-^ - Object Size: 190,0' x 200,0' [SIMBAD] - Position Angle: ---° - Object Classification: Supernova Remnant: Redshift z(~) V (Km/s): --- - Spectrum: ---

 
Nei primi giorni di Febbraio questo elusivo soggetto deep-sky che in un passato ormai lontano ha rappresentato e significato per me un desiderio di rivalsa, è stato protagonista di una nuova sequenza di scatti effettuati da remoto, tramite il teleobiettivo Nikon 500mm f/4,0. L'essere dunque riusciti ad impressionare questa debole nebulosa è stato senz'altro motivo di soddisfazione anche per aver inaugurato la nuova camera Cmos QHY600M. L'immagine pertanto è da considerarsi oltre che la prima luce della camera, un punto di partenza per quanto riguarda le fasi di ripresa e dell'elaborazione. Con questo nuovo sensore infatti ci sono ancora alcuni aspetti da approfondire, sostanzialmente diversi rispetto all'uso abituale che avevo acquisito con il sensore della Sbig.
 
Simeis147 è un famoso oggetto nebulare estremamente debole che soltanto in tempi recenti è stato soprannominato dagli astrofili anglosassoni: Spaghetti Nebula. In ambito accademico viene citato prevalentemente con il nome di G180.0−1.7. Si tratta di un residuo di supernova (SNR) della nostra Via Lattea, localizzato sul confine tra le costellazioni dell'Auriga e del Taurus. La sua scoperta è stata attribuita ufficialmente nel 1952 agli astrofisici Grigorij Abramovič Šhajn e Vera Fedorovna Gaze (o V. Th. Hase, altro nome con cui si firmava) del CrAO - Crimean Astrophysical Observatory - per mezzo del telescopio Schmidt da 640mm di apertura, f/1,4 su supporto analogico predisposto per riprese in H-Alpha, allora in fase sperimentale. Più o meno nello stesso periodo la nebulosa fu scoperta indipendentemente anche su una lastra rossa realizzata con la camera Schmidt Oschin da 1,2mt (48") dell'Osservatorio di Mt. Palomar. Soltanto nel 1958 venne riconosciuta come candidato SNR dall'astronomo tedesco, naturalizzato U.S.A. - California, Rudolph Leo Bernhard Minkowski. Oggi si ritiene che Simeis147 sia uno degli SRN più evoluti della nostra Galassia.

E' poco noto invece che la sigla letterale del nome della nebulosa deriva dal catalogo di nebulose a emissione (Catalogue of Emission Nebulae) stilato nel 1955 dagli stessi scopritori Ukraini: V. F. Gaze & G. A. Shajn presso l'Osservatorio di Simeiz che a quel tempo faceva parte dell'Osservatorio Astrofisico di Abastumani (U.R.S.S.), situato sulla punta più meridionale della penisola di Crimea da cui il catalogo prende il nome. Il catalogo Simeis venne pubblicato sul "Bulletin of the Crimean Astrophysical Observatory" (nome originale russo: Izvestiya Krymskoi Astrofizicheskoi Observatorii) che all'origine elencava 306 oggetti nebulari situati principalmente nell'emisfero celeste boreale.   Nella versione in auge del catalogo Simeis oltre ad essere reperibile nel database SIMBAD, è stato aggiornato a 232 oggetti nebulari, essendo quelli cancellati ritenuti di natura indefinita, o persino non esistenti. Pertanto l'attuale ricollocazione di Simeis147 nella nuova versione del catalogo è la seguente: 82 [GS55] 77 in cui la nebulosa viene indicata come ISM Interstellar Metter. Poco conosciuto è anche il fatto che da questo catalogo di nebulose sono in seguito scaturiti sia il catalogo di Sharpless (1959) e sia i due cataloghi di Lynds (1962-65). Al sito dell'Osservatorio CrAO sono disponibili una versione digitale del vecchio catalogo e sia l'Atlas of Diffuse Gaseous Nebulae" da cui, per gentile concessione dell'Osservatoprio CrAO, è stato possibile riprodurre qui a destra, la fotografia originale della scoperta della nebulosa Simeis147.

Analizzando l'immagine di Simeis147 realizzata dal BigBang Observatory si osserva come la nebulosa nell'ottico si sviluppi su una vasta area di 190' x 200' e che forma un guscio sferico otticamente debole, composto prevalentemente da una struttura filamentosa complessa in H-alpha. La sua distanza, ancora  approssimativa, è stimata in 3000 a.l., mentre l'esplosione della supernova generatrice sembra risalire a circa 40.000 anni fa. Attualmente si ritiene che dopo l'esplosione stellare si sia generata una stella di neutroni in rapidissima rotazione, nota come pulsar PSR J0538+2817 localizzabile nel quadrante mediano destro, la quale emette un forte segnale radio. S147 è posizionato nella nostra Galassia in direzione dell'anti-centro galattico ed è altamente filamentoso. Questi filamenti brillanti sono molto ben definiti e hanno tipicamente degli spessori apparenti che vanno da 1" a circa 5" d'arco,

 

Si ritiene che Simeis147 sia uno dei più antichi resti di supernova con struttura a conchiglia. Studiato ampiamente in diverse lunghezze d'onda tra cui radio, ottica, UV e raggi X, rivela una struttura molto dettagliata con alcuni "blowouts" evidenti a est e a nord. Nella fotografia appare evidente che la maggior parte dei filamenti luminosi si concentra nella metà meridionale, purtroppo qui in parte sacrifiata dall'inquadratura, dove anche il confine della SNR è più netto e definito. Al contrario, la metà settentrionale risulta più diffusa e meno definita.

I resti di supernova (SNR) sono oggetti interessanti da studiare per una serie di ragioni. Forniscono informazioni sui meccanismi delle esplosioni delle supernove e sono possibili fonti di raggi cosmici galattici. Inoltre, gli SNR avvolgono le immediate vicinanze delle supernove e vengono modellati dai loro progenitori. Attualmente sono stati scoperti 294 SNR galattici (Green 2014). Si ritiene che la grande maggioranza (~ 80%) degli SNR galattici conosciuti sia relativamente vecchia e rappresenti prevalentemente oggetti evoluti nelle cosiddette fasi "adiabatic", o radiattive iniziali del loro sviluppo evolutivo (Woltjer 1972). Queste classi di SRN mostrano generalmente strutture a guscio tipiche (Fesen et al. 1985) ed è anche noto che circa il 30% degli SNR galattici ha un'emissione ottica associata alla loro emissioni radio non termica. Per i vecchi resti, l'emissione ottica deriva dal raffreddamento del materiale delle nubi interstellari sottoposte a shock in seguito al passaggio delle onde d'urto del residuo stesso, mentre si espandono verso l'esterno nel mezzo ambientale. Gli spettri ottici dei filamenti degli SNR evoluti mostrano una forte emissione, inclusa quella di Hα, [O ii] λλ 3726,3729, [O III] λλ 4959,5007, [N ii] λλ 6548,6584 e [S ii] λλ 6717,6731 .

 
Nonostante sia stato un occasionale osservatore visuale, lungi da me in questo contesto trarre conlcusioni di parte, ho qualche perplessità nel ritenere che la nebulosa S147 sia osservabile visulamente. In Internet si legge più di un osservatore sia riuscito nell'incredibile sfida, Indubbiamente, e questo è un dato di fatto, S147 è tra quei soggetti deep-sky per nulla semplice da individuare stando con l'occhio al telescopio. Comunque, a solo scopo informativo, si riporta che chi è riuscito a vederlo, afferma di aver scorto 4 - 5 aree fra le più luminose di Simeis147. A tal proposito mi piace citare Robert Burnham Jr, il quale scrive nel suo terzo volume del Burnham's Celestial Handbook che la nebulosa Simeis147 all'epoca della sua pubblicazione (1978), non era mai stata osservata visualmente, se non per mezzo della fotografia a lunga posa attraverso emulsioni trattate e sensibili al rosso. Idem per quanto riguarda Kepple e Sanner; (...continua)
 
Realizzare invece oggi una significativa quanto dettagliata fotografia di Simeis147 è relativamente semplice. Con i sensori Ccd o Cmos di ultima generazione, particolarmente sensibili e abbinabili a filtri a banda stretta, diventa solo una questione di esposizione (lunga) e di buona messa a punto del setup. La difficoltà principale è quella di disporre di uno strumento idoneo sufficientmente corretto atto a contenere tutta la nebulosa che ricordo è di grandissime dimensioni.
 
 
 
L'incubo di Simeis 147 nell'era analogica.

Cosa dire poi delle problematiche vissute degli amatori che riprendevano nei gloriosi anni dell'astrofotografia senza poter riuscire ad ottenere una pallida immagine della nebulosa Simeis 147, impressa sulle vecchie emulsioni chimiche?

In quell'epoca ormai così lontana la nebulosa S147 veniva considerata come l'incubo per eccellenza dagli astrofotografi, il soggetto deep che comportava la massima difficoltà operativa, una sfida per chiunque. Chi, come me, ha vissuto in pieno l'epopea della fotografia analogica non avrà certo dimenticato quanto fosse proibitivo ottenere una buona immagine latente della SNR Simeis 147. Sapevamo a memoria la sua posizione in cielo, tra l'Auriga e il Taurus per via dei diversi tentativi, mese dopo mese, anno dopo anno, andati sempre a vuoto. Fotografare S147 in analogico equivaleva, fino a metà circa degli anni '80 del XX sec., ad una reale missione impossibile.

Con le emulsioni a colori più quotate, quali per esempio la Kodak Ektachrome E200, o ancor prima, la Scotchrome 800/3200 della 3M, oppure l'alternativa giapponese Konica SR-V3200, nella migliore delle ipotesi, e quando tutto filava liscio e non sempre accadeva, era possibile registrare - a mala pena - soltanto un fievole dettaglio delle parti più luminose della famosa nebulosa, e nulla più. La S147 era diventata famosa proprio in virtù della sua estrema debolezza e sottigliezza dei filamenti, tanto da meritarsi nell'ambiente amatoriale il nomignolo di nebulosa fantasma, proprio perchè qualcuno aveva iniziato a sospettarne l'esistenza. Occorrevano teleobiettivi molto luminosi e ben corretti, o addirittura camere Schmidt che, tassativamente, dovevano essere impiegate soltanto sotto i migliori cieli, davvero bui, dell'alta quota per avere una qualche minima speranza di successo.

Lo testimonia la totalità delle gallery fotografiche delle riviste nazionali e internazionali di Astronomia di quegli anni dove la S147 non appare mai pubblicata, né a colori, né in bianco.nero. Neanche quando ci s'impegnò, convinti di riuscirci a fotografare S147 con le speciali pellicole Kodak Spectroscopic 103aE, o 103aF, sensibili al rosso, ci si rese presto conto della loro grande grana tale da inghiottire i filamenti stessi di S147. Ricordo poi che le alternative alle pellicole per il b/n si chiamavano: Kodak Tri-X; Ilford Hp4, poi HP5 o, sempre per restare in casa Kodak: la super sensibile Recording2475, pancromatiche si, ma con una scarsa sensibilità al rosso. I risultati con questi materiali sensibili erano taii che ci si riteneva ampiamente soddisfatti se si riusciva ad impressionare il grande anello di Barnard che avvolge la costellazione di Orione, ben più "corposo" e luminoso di S147. Neanche su Sky & Telescope, o Astronomy, ricordo di aver mai visto pubblicata la nebulosa Simeis147 eseguita dagli astrofili.

Tuttavia le modalità cambiarono presto, quando sopravvenne il periodo della pellicola fotografica in b/n Kodak TP2415. Questa formidabile emulsione prima di essere esposta, veniva ipersensibilizzata in un'atmosfera a pressione, composta da una miscela mista di idrogeno e azoto, congiuntamente riscaldata, in modo tale da diminuirne drasticamente il difettto di reciprocità. Oltre a dover effettuare questa delicata e complessa operazione, la pellicola della Kodak vantava fra le sue caratteristiche, una marcata sensibilità nel rosso, ben maggiore rispetto alle tradizionali pellicole pancromatiche, un'alta risoluzione e un supporto meccanico duraturo e resistente. E' grazie infatti a queste caratteristiche che iniziarono a formarsi  le condizioni per documentare fotograficamente la nebulosa fantasma. Abbinata a filtri selettivi in fase di ripresa, quali il W25 (W=Wratten), o ancor meglio il W92, il resto di supernova iniziava finalmente a staccarsi e rivelarsi sulla gelatina della TP2415 in tutta la sua reale estensione.

Ricordo inoltre che essere astrofotografi in quegli anni equivaleva a reinventarsi continuamente ponendo la propria passione di fronte ad insormontabili sacrifici. Si trascorrevano ore ed ore, d'inverno in montagna, a temperature di alcune unità sotto lo zero, fermi, immobili, dietro l'oculare con il reticolo illuminato, spostando manualmente i tasti della pulsantiera delle montature equatoriali motorizzate, per correggere gli errori di guida, non sapendo se nel frattempo si era eseguita una impeccabile messa a fuoco. O capitava che  dopo ore di posa ci si rendeva conto che il rullino non era stata agganciato correttamente. Ripensando oggi ai diversi disagi che si dovevano superare e su come sia cambiato totalmente il modo di fare fotografia al cielo, viene da sorridere.

A questo punto il lettore potrà capire la soddisfazione con cui oggi condivido il risultato di Simeis147 rincorso per tutto questo tempo con tutte le difficoltà operative che richiedeva; il coronamento di una passione lunga un'intera vita.

 
 
 
 
       
 
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